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domenica 6 gennaio 2019

La miseria e la ridicolaggine dell'essere umano da Gogol a Dostoevskij.

Siamo tutti usciti dal Cappotto di Gogol, amava dire Dostoevskij. Infatti dopo l'uscita del romanzo "Il Cappotto" Nikolaj Vasil'evič Gogol' diventò un punto di riferimento per tutti i successivi romanzieri russi. 

Il disincanto e l'ironia divennero la cifra stilistica sopratutto di Dostoevskij, l'Uomo del Sottosuolo è un essere meschino, ridicolo e miserabile (come tutti gli esseri umani), solo il coraggio e la sofferenza possono, in minima parte, riscattarlo. 

Per Dostoevskij Gogol diventa una vera e propria ossessione, tanto che lo cita direttamente nei dialoghi di ben quattro, dico 4 romanzi: I Demoni, I Fratelli Karamazof, Il Giocatore e Umiliati e Offesi.

Paolo Villaggio nel suo Fantozzi s'ispira alle Memorie del Sottosuolo, scoprendo solo in seguito che Fantozzi in realtà era Akakij Akakievič Bašmačkin.

La natura dell'uomo è immutabile sia nelle sue bassezze che nel tentativo astutissimo di contrabbandarle come gesti naturali, se non addirittura nobili. 

L'elaborazione intellettuale che sta dietro al tentativo di auto assoluzione esprime la disonestà profondissima che nasce dalla vanità: l'uomo non vuole apparire né crudele, né stupido... Ma saggio e virtuoso, perfino quando uccide. 
Dio me lo ha chiesto! Il Partito me lo ha chiesto! La Patria me lo ha chiesto! Ho obbedito agli ordini! L'ho fatto per voi!

Anche la Bibbia ellenistica aveva descritto l'origine dei mali nella vanità: https://metamorfosi2.blogspot.com/2014/12/il-raffinato-autore-del-qohelet.html

Orazio scriveva "Ridentem dicere verum: quid vetat?" e gli illuministi; "Ridendo Castigat Mores", ma la profondità dei russi sta nell'esaltare l'aspetto meschino come davvero insito nell'animo umano, pertanto il loro moralismo è assai compassionevole.


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martedì 9 dicembre 2014

Il raffinato autore del Qohèlet, attribuisce il testo al più saggio dei re, Salomone, il più commovente, il mio preferito.

Qohèlet (in latino Ecclesiastes) significa "radunanate" nel senso di "parola che insegna ad una comunità", divenuto poi nome proprio maschile. Gli inglesi, sempre pragmatici, tradurranno Qohèlet: The Teacher.

capitolo 1°

1 Parole di Qoèlet, figlio di Davide, re di Gerusalemme.

2 Vanità delle vanità, dice Qoèlet,
vanità delle vanità, tutto è vanità.


3 Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno
per cui fatica sotto il sole?

4 Una generazione va, una generazione viene
ma la terra resta sempre la stessa.

5 Il sole sorge e il sole tramonta,
si affretta verso il luogo da dove risorgerà.

6 Il vento soffia a mezzogiorno, poi gira a tramontana;
gira e rigira
e sopra i suoi giri il vento ritorna.

7 Tutti i fiumi vanno al mare,
eppure il mare non è mai pieno:
raggiunta la loro mèta,
i fiumi riprendono la loro marcia.

8 Tutte le cose sono in travaglio
e nessuno potrebbe spiegarne il motivo.
Non si sazia l'occhio di guardare
né mai l'orecchio è sazio di udire.

9 Ciò che è stato sarà
e ciò che si è fatto si rifarà;
non c'è niente di nuovo sotto il sole.

Molto bello in ingleseWhat has been will be again,
what has been done will be done again;
there is nothing new under the sun.

10 C'è forse qualcosa di cui si possa dire:
«Guarda, questa è una novità»?
Proprio questa è già stata nei secoli
che ci hanno preceduto.

11 Non resta più ricordo degli antichi,
ma neppure di coloro che saranno
si conserverà memoria
presso coloro che verranno in seguito.

12 Io, Qoèlet, sono stato re d'Israele in Gerusalemme. 

13 Mi sono proposto di ricercare e investigare con saggezza tutto ciò che si fa sotto il cielo. È questa una occupazione penosa che Dio ha imposto agli uomini, perché in essa fatichino. 

14 Ho visto tutte le cose che si fanno sotto il sole ed ecco tutto è vanità e un inseguire il vento.

15 Ciò che è storto non si può raddrizzare
e quel che manca non si può contare.

16 Pensavo e dicevo fra me: «Ecco, io ho avuto una sapienza superiore e più vasta di quella che ebbero quanti regnarono prima di me in Gerusalemme. La mia mente ha curato molto la sapienza e la scienza».

17 Ho deciso allora di conoscere la sapienza e la scienza, come anche la stoltezza e la follia, e ho compreso che anche questo è un inseguire il vento, 
(Qui s'intuiscono le ascendenze di Bob Dylan)

18 perché:
molta sapienza, molto affanno;
chi accresce il sapere, aumenta il dolore.