Sono convinto che la politica non crei ricchezza.
La ricchezza vera nasce dall'innovazione, dalla ricerca, dalla competenza, dal talento e dalla creatività.
Sono questi i veri motori del progresso economico, non le decisioni politiche in sé.
Tuttavia, credo fermamente che la politica abbia un ruolo fondamentale come facilitatore.
Non deve creare ricchezza direttamente, ma deve creare le condizioni perché chi ha talento e idee possa esprimersi al meglio.
La politica dovrebbe concentrarsi su quattro pilastri essenziali:
- Investire nell'istruzione, perché senza conoscenza non c'è innovazione
- Sostenere la ricerca di base, fondamentale per il futuro
- Creare infrastrutture che permettano al talento di esprimersi
- Garantire regole chiare e stabili
Ma attenzione. Le regole devono semplificare, non complicare. La complessità è burocrazia indispensabile per le clientele e la corruzione. In breve, la complessità burocratica è come un comitato d'affari utilizzato dal politico per mantenere il potere, fornendo posti di lavoro fisso ai clan familiari estesi e alle organizzazioni politiche. I "valori", gli organi d'informzione, non sono altro che cortine fumogene per occultare o far accettare le sperequazioni.
Le regole giuste sono come quelle del traffico: poche, chiare, che permettono a tutti di muoversi meglio e più sicuri.
Il vero problema nasce quando la politica confonde "regolamentare" con "burocratizzare". La burocrazia eccessiva è sabbia negli ingranaggi: rallenta tutto, scoraggia chi vuole innovare, favorisce chi ha più risorse per navigare il sistema a scapito di chi ha solo buone idee.
Alle nazioni nemiche o concorrenti, basta infiltrare propri agenti nelle burocrazie e lasciarli infettare il sistema, con calma.
Il PIL dipende da una semplice formula: PIL = Energia X Efficienza.
L'efficienza può essere indirizzata dalla politica, ma chi decide davvero dove va l'energia?
Tutti parlano di efficienza energetica, di transizione verde, di idrogeno, di rinnovabili.
Ma in Occidente, l'energia non segue il bisogno. Segue il capitale.
Non è l'ingegnere che decide dove far crescere una tecnologia.
È l'investitore che decide dove allocare i flussi.
Finché esisteranno colossi come BlackRock (10.000 miliardi di asset), Vanguard (9.000 miliardi), State Street (4.000 miliardi), l'allocazione dell'energia non sarà mai neutra: sarà sempre una scelta strategica dettata da interessi finanziari, con priorità che raramente coincidono con quelle sociali o ambientali.
Questi tre, spesso con partecipazioni incrociate, sono i veri "Ministeri invisibili dell'Energia" globale.
Finché l'energia seguirà il capitale e non il bene comune, la transizione ecologica resterà una transizione... finanziaria.
Serve più coscienza critica e meno storytelling green.
Innovation Politics Economics EnergyTransition Finance
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