
Vanità, dolore e rabbia sono molle del cambiamento umano. Paura e timidezza ne sono il freno, avvelenano l'Anima e rendono inattivi e stupidi. Gli uomini, santi inclusi, hanno un lato ridicolo e uno miserabile. Scopri entrambi e sarai libero. Misericordia e lacrime, in parte, ci riscattano. Oltre i limiti che vediamo c'è la crescita, lì sono creatività e stupore che ci fanno ritornare bambini. Agire con Metodo, Costanza e Perseveranza.
sabato 15 giugno 2013
Tutti i bisogni possono essere soddisfatti, tranne quello della felicità.
Se ho fame, posso saziarmi, se ho sete posso bere, se ho dei bisogni erotici posso soddisfarli.
Ma se sono infelice rimango infelice, perché la natura mi ha dotato del bisogno della felicità, ma non mi ha dato gli strumenti di soddisfacimento di quel bisogno. Questo per lo meno è il giudizio di Leopardi, nella fase tre del suo pessimismo, denominata "pessimismo cosmico".
Se si accetta questo postulato E' del tutto evidente che quella che noi chiamiamo "felicità" altro non è che una felicità artificiale e momentanea. Come quella provocata da un'ubriacatura, o da qualsiasi altra sostanza psicotropa.
Tra le forme più innocue della ricerca della felicità c'è la religione, quando non diventa fanatismo. La religione, così come la meditazione ci portano ad una forma di SERENITÀ.
Ad un livello più basso c'è la soddisfazione di un interesse, quando faccio un viaggio, quando leggo un libro, quando vedo un film, quando salgo sulle montagne russe o quando visito un museo.
Le menti semplici e pragmatiche sono ripartite dall'inizio, dai bisogni che si potevano soddisfare: cibo, bevande, sesso e una casa protettiva. Più si soddisfacevano bisogni primari e più si era "soddisfatti", notarono che era meglio essere soddisfatti che niente. La soddisfazione poteva essere un succedaneo della felicità. Per ottenere la soddisfazione del maggior numero di bisogni servivano i soldi ed ecco che i soldi sono diventati l'unità di misura della soddisfazione non della felicità, per il semplice motivo che essa non esiste (leopardianamente parlando).
Per le menti semplici l'equivoco sussiste ancora ai nostri giorni. Sembra incredibile, ma siamo rimasti ancora lì, all'equazione nata con l'invenzione della moneta, 3000 anni fa: soldi uguale felicità.
Poi, dopo il cibo, il sale, l'acqua potabile, la casa sicura, sono nati altri bisogni artificiali: la moda, la villa, il vino, le terme, la prostituzione organizzata e il bisogno di suscitare l'invidia altrui. In breve, il superfluo. Ma sempre tutto rigorosamente misurato dai soldi.
E' partendo da questa consapevolezza che si è sviluppata la tecnica pubblicitaria: "sarai felice quando avrai speso i tuoi soldi per impossessarti dell'oggetto del desiderio", quando avrai soddisfatto il bisogno di possedere quell'oggetto dove è sublimata la "felicità".
1 commento:
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La saggezza di Montaigne consiste nella ricerca di una felicità terrena e nel modo migliore per conseguirla: da qui l'abbandono di ogni orgoglio intellettuale, l'accettazione dell'esistenza nei suoi vari aspetti, cioè la tolleranza verso le nostre fragili illusioni, le nostre piccinerie, i nostri peccatucci abituali, persino una certa dose di follia, per accettare appunto i piaceri che la vita ci può offrire, sopportando i mali e le avversità.
RispondiEliminaNegli antichi Montaigne cerca i segni di una fraternità, all'insegna di una comune miseria, fra gli uomini di tutti i tempi e paesi. Il suo interesse non si rivolge a ciò che sta principalmente a cuore ai grandi uomini (gloria e memoria delle loro imprese), ma ai particolari oscuri e rivelatori, spesso omessi o dimenticati dallo storico. La storia si scopre così una miniera di insegnamenti sulla natura debole e inferma dell'uomo, sulla sua condizione tanto ridicola quanto risibile.
La natura di cui parla è il tutto che ingloba l'insieme delle cose singole, il nodo in cui si intrecciano i dissonanti aspetti dell'esistenza, l'ordine celato in cui si accorda il disordine apparente del mondo. Montaigne si serve di accenti lucreziani per celebrare questa Madre Natura in cui gli opposti si incontrano e si conciliano: vita e morte, gioia e dolore, pace e guerra, salute e malattia. Per Montaigne "Dio" e "natura" sono quasi sinonimi.
Montaigne rifiuta il pregiudizio che considera barbare e selvagge le popolazioni sudamericane con cui recentemente l'Europa è venuta a contatto, utilizzando l'argomento della relatività delle opinioni e dei costumi dei popoli. Selvaggio assume il significato positivo di naturale, non corrotto dalla civiltà. Queste popolazioni "diverse" per usi e costumi, appartengono comunque alla stessa natura umana. Montaigne idealizza la vita selvaggia e afferma che "noi civilizzati" non abbiamo il diritto di giudicarli, in quanto in assenza di un criterio razionale veramente universale dobbiamo accontentarci di ribadire la nostra relatività dei punti di vista: a "noi" sembra particolarmente barbara ad esempio la pratica del cannibalismo, ma a "loro" apparirebbero non meno barbare le nostre guerre di religione.
Se applicassimo questi semplici principi, ma molto complicati nella vita quotidiana, saremmo tutti più sereni e potremmo forse raggiungere una certa felicità che comunque non sarà mai definitiva, come tutte le emozioni vanno e vengono. Non esiste una condizione definitiva tutto è in mutazione. La nostra vita è ricerca, e sarà ricerca fino alla fine.
Per quanto riguarda i beni superflui: Socrate visitava spesso il mercato di Atene e a chi gli chiedeva la ragione di tanto interesse, anche perché non vi acquistava nulla, rispondeva: «Vedo tutte le cose di cui non ho bisogno e di cui si può fare a meno nella vita». È quello che noi chiamiamo «il superfluo», sul quale si fonda la pubblicità.